Cannabis light, sconfitta la linea di Matreo Salvini. I magistrati ribaltano il decreto dell’ex ministro dell’Interno
La cannabis light batte Matteo Salvini. O meglio, i magistrati ‘stralciano’ il decreto dell’ ex ministro dell’ interno che di questa vicenda ne ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia. La chiusura dei negozi di cannabis light, nonostante la sentenza della Cassazione che impone il divieto di vendita di prodotti derivanti dalla canapa, è evitata con un iter.
I giudici chiamati in causa dai titolari dei negozi, infatti, sono stati di parere diverso. Per i magistrati la cannabis light non è drogante e la legge permette la vendita. Quindi, dopo che la polizia sequestra la merce e fa chiudere il negozio, scatta il ricorso e riapre il negozio.
Questo perché quando il proprietario chiede l’ intervento della magistratura, scattano i controlli sul contenuto di Thc, cioè l’ elemento “drogante”. Ma è a quel punto i risultati, la stragrande maggioranza delle volte, danno come risultato un contenuto al di sotto di 0,5%.
La legge a tal proposito parla chiaro: al di sotto di quel limite, che stabilisce se il prodotto della canapa è droga oppure no, il prodotto non è da considerarsi droga
A maggio la Cassazione aveva imposto “la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti derivati dalla coltivazione della cannabis (olio, foglie, infiorescenze e resina)” salvo che “tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”. Ed è su questo punto che si gioca tutto.
L’ attuale legge sulle droghe stabilisce che la cannabis è da considerarsi light se il Thc è al di sotto della soglia di 0,5%. Ecco perché i negozi messi sotto sequestro dal decreto Salvini, vengono sistematicamente riaperti.